Memorandum per il prossimo Consiglio Direttivo
Care cittadine, cari cittadini,
nel dicembre del 2013 rendemmo pubblico il documento "Parco nazionale del Vesuvio - le tredici azioni da fare subito", una sorta di breve memorandum sulle cose da fare a beneficio dei nuovi amministratori dell'ente Parco che da lì a poco avrebbero (avrebbero) dovuto essere nominati. Oggi, dopo più di due anni, constatato che poco o nulla è cambiato da allora, lo riproponiamo, con qualche significativa integrazione (abbiamo aggiunto 4 punti) e qualche modifica, alla attenzione di coloro che ci seguono e del neo presidente (il consiglio direttivo non è stato ancora nominato). Abbiamo lasciato l'introduzione di allora, che dava conto delle logiche spartitorie con le quali i comuni sono soliti disperdere le risorse a discapito di una progettualità comune che individui priorità e obiettivi strategici in una logica di sistema, perché, come si dice, "repetita iuvant", anche e sopratutto se consideriamo che il piano socio economico del Parco è fermo al 2002 e deve essere aggiornato dalla Comunità del Parco.
Nell'attesa di poterci confrontare con la nuova amministrazione dell'ente, riprenderemo a breve il nostro forum itinerante nei comuni del Parco con lo scopo di creare in ogni comune dei "tavoli verdi" per lo sviluppo sostenibile del nostro territorio.
Premessa (dal documento dell’ 11 dicembre 2013)
In questi giorni la Comunità del Parco (l’insieme dei Sindaci dei 13 comuni del Parco), che secondo la legge quadro sulle aree protette esprime un parere obbligatorio sul bilancio, preso atto della esistenza di circa 2 milioni di euro di avanzi di amministrazione disponibili per investimenti, ha chiesto formalmente all’ente Parco di recepire progetti presentati dai comuni per spendere questi fondi. Altrettanto formalmente il Presidente Leone ha risposto alla Comunità ricordando ai Sindaci che Il Parco ha già dei progetti cantierabili, degli indirizzi programmatici, delle linee operative strategiche democraticamente deliberate desumibili dagli atti programmatici recenti e passati, a partire dal mitico piano pluriennale economico, che non ci risulta invero essere mai stato aggiornato. Il Presidente quindi non ha né poteva negare ai Comuni la possibilità di presentare progetti ma ha chiarito agli enti locali che tali progetti dovranno rispecchiare tali linee strategiche operative e non discostarsi da esse. Il rischio evidente di questa operazione proposta dai Comuni è quello di una ennesima spartizione/ dispersione a pioggia di fondi che viceversa dovrebbero e potrebbero essere concentrati su obiettivi rilevanti e strategici. Il Presidente Leone sembra dello stesso nostro avviso. Meglio avrebbe fatto la Comunità e il suo Presidente Capasso a sollecitare una discussione sulle linee operative strategiche, se le ritiene insufficienti o datate, anziché chiedere di aprire il vaso di Pandora dei desiderata dei singoli comuni. All’ente Parco tuttavia non si può non porre questa domanda (anche se conosciamo già la risposta, che è desumibile dalla esposizione delle 13 azioni che seguono), e cioè: perché il Parco non riesce a spendere questi fondi?
Ciò premesso, ci permettiamo invece di suggerire, consapevoli della parzialità del nostro punto di vista, ai prossimi amministratori dell’ente Parco, in modo pragmatico, quelle che riteniamo essere le misure più urgenti e insieme le più incisive per ridare significato e prospettiva all’ente e alla sua missione. In realtà, a ben vedere, dall’insieme di queste proposte emerge una visione a tutto tondo del Parco, che è quella che ci contraddistingue, che tiene conto di tutti gli aspetti e dimensioni nelle quali l’ente è chiamato ad intervenire (dalla tutela e conservazione della natura allo sviluppo, dalla agricoltura al turismo, dalla bonifica del territorio alla educazione ambientale) ed una indicazione precisa dei limiti che hanno condizionato negativamente l’azione dell’ente sino ad oggi. Ci auguriamo infine che queste brevi note possano fornire una “bussola” non solo ai futuri amministratori, ma anche a chi li deve nominare, orientandolo nella scelta.
Le 13 azioni da fare subito (versione riveduta e corretta)
1) Approvare il regolamento dell’ente Parco.
Il 19 gennaio del 2010 il Consiglio Regionale della Campania, con notevole ritardo rispetto ai tempi prescritti dalla legge quadro sulle aree protette, ha finalmente approvato il Piano urbanistico del Parco nazionale del Vesuvio. Ebbene a distanza di 6 anni (sei), l’ente Parco non ha ancora il regolamento, la cui approvazione, secondo la 394, deve essere contestuale a quella del Piano ovvero avvenire non oltre i sei mesi dalla approvazione del Piano stesso. In mancanza della approvazione del regolamento regna l’incertezza su quali debbano essere i parametri in base ai quali applicare il dettato del Piano urbanistico e i funzionari dell’ufficio tecnico del Parco sono costretti ad “interpretare”, con interpretazioni, il più delle volte, inutilmente restrittive. Attualmente il regolamento è alla attenzione del Ministero dell’ambiente al quale è giunto solo nel giugno del 2014 (sic!) dopo essere stato approvato dal Consiglio direttivo uscente. Va detto, tra l’altro, che il regolamento approvato in Consiglio Direttivo è per molti versi criticabile e che a suo tempo avanzammo alla Comunità del Parco, in quanto organismo titolato ad esprimere un pare obbligatorio anche se non vincolante sul regolamento, una serie di osservazioni che, allo stato, non sappiamo se siano state recepite dall’ente Parco.
2) Potenziare la pianta organica dell’ente sia tramite distacchi da altri enti pubblici (a partire dagli stessi comuni del Parco), sia tramite la stipula di contratti di consulenza con professionisti scelti secondo criteri scrupolosamente meritocratici.
La pianta organica dell’ente deve essere incrementata e arricchita per numero e profili professionali (mancano architetti, ingegneri, agronomi, esperti di marketing territoriale, esperti di fund raising, ecc.). L’ente Parco si deve affermare come “cabina di regia politica” in materia di difesa del territorio e di sviluppo, e, per far questo, ha bisogno di una struttura tecnica all’altezza della situazione che possa diventare un punto di riferimento e di supporto per le strutture tecniche comunali. In altre parole il Parco ha bisogno di dotarsi di una struttura tecnica che sia nello stesso tempo un “pensatoio” che collabori con la direzione politica dell’ente e una struttura tecnica esecutiva di grande efficacia ed efficienza.
3) Istituire le consulte civiche (il Movimento ha presentato all’ente le proposte di regolamento per la istituzione di quattro Consulte: agricoltura, turismo, tutela e conservazione, educazione ambientale) previste dallo statuto dell’ente per realizzare un modello di “governance allargata” del Parco.
Occorre consentire alle associazioni, al mondo della scuola e del volontariato, agli imprenditori, alla comunità scientifica, di partecipare ai processi decisionali dell’ente realizzando un circuito informativo virtuoso che trasmetta all’ente quelle informazioni e conoscenze che sono presenti sul territorio, non altrimenti accessibili, e che sono indispensabili per migliorare la qualità delle decisioni prese e realizzare il “buon governo”. Si alimenterà così un clima di fiducia e di collaborazione tra cittadinanza e istituzione che è la premessa per dare fondamenta solide al progetto di un nuovo modello di sviluppo e di convivenza civile che è insito nella nascita di ogni Parco nazionale.
4) Rivedere la convenzione con le guide vulcanologiche per l’accompagnamento al Gran Cono.
La nuova convenzione tra ente Parco e guide vulcanologiche ( le guide operano in virtù della legge regionale n.11 del 1986 che stabilisce, tra l’altro, la obbligatorietà dell’accompagnamento dei visitatori al Gran Cono ) firmata dal commissario Ugo Leone (a dispetto della nostra campagna “Ugo non firmare”) stabilisce che al Presidio permanente delle guide vulcanologiche vadano 5,70 euro per ogni biglietto staccato, sia che si tratti del biglietto intero (10 euro), sia che si tratti del biglietto ridotto (8 euro), sia che si tratti di ingressi gratuiti. Considerato che il Gran Cono è visitato ogni anno da almeno 500.000 persone (ma al Parco giungono in continuazione segnalazioni di ingressi “autogestiti” dalle guide, che presidiano l’ingresso al sentiero) le 37 "Guide Alpine Vulcanologiche" (perché 37? Ne basterebbero molte di meno) ricevono dall'ente Parco circa 2.850.000 euro all’anno, mentre con quello che resta l’ente Parco deve pagare il servizio di biglietteria (dato in convenzione a ditta esterna) e anche assicurare la manutenzione ordinaria e straordinaria del sentiero. Domanda retorica: quanto guadagna in media ognuna delle 37 guide vulcanologiche? Con quali criteri si è stabilito che sono necessarie 37 guide? Quanti sentieri l’ente Parco potrebbe manutenere incamerando un euro in più per ogni biglietto?
5) Riprendere il progetto di delocalizzazione della biglietteria e dell’area parcheggio e servizi del Gran Cono da quota mille a quota ottocento, con una nuova organizzazione dei servizi per i turisti.
a) L’area in oggetto è il biglietto da visita del Parco. La maggior parte dei visitatori del Parco passa inevitabilmente da lì. Attualmente la qualità del servizio che viene offerto ai turisti è vergognosa. Parcheggiare è caotico, non esiste un servizio informazioni, i bagni sono quelli chimici da cantiere, i servizi di ristoro e di vendita gadget sono in mano a bancarellari storici che vendono improbabili bottiglie di Lacryma Christi e le immancabili reliquie di Maradona. Eppure esiste un progetto esecutivo per la delocalizzazione (e riqualificazione) a quota 800 di tutti i servizi elaborato a suo tempo dall’ufficio tecnico dell’ente. Cosa si aspetta a aprire il cantiere?
b) Creare un linea di gadgets del Parco (in parte già esistente) e avviare una attività di merchandising e di vendita di tali gadget. Considerati i tagli sempre più pesanti ai trasferimenti statali alle aree protette, assume viepiù importanza la capacità dei Parchi di “autofinanziarsi” per sostenere i propri costi di gestione. Limitandoci a considerare gli introiti potenziali derivanti dalla vendita di gadget ai visitatori del Gran Cono (più di 500.000 visitatori), e senza considerare che la creazione di un circuito di “case del Parco”, di cui parliamo al punto 6, potrebbe dare ulteriore impulso a tale attività, appare subito evidente che il merchandising potrebbe rappresentare una entrata da non sottovalutare per le casse del Parco.
6) Fare un primo studio di fattibilità (senza spendere un capitale) sulla realizzazione di una funivia da quota 800 a quota 1000 in alternativa alla mobilità su gomma.
Secondo le NTA del Piano del Parco il tratto stradale da quota 800 a quota 1000 va rinaturalizzato e chiuso al traffico veicolare. Inevitabilmente impedire l’accesso su gomma al Gran Cono ridurrebbe drasticamente il numero di presenze con un conseguente grave danno economico all’ente Parco e a tutto l’indotto che gravita intorno a questa attrazione. Nei primi mesi del 2014 in una serie di incontri presso la sala del consiglio comunale di Ercolano promossi dalla amministrazione comunale e dall’ente Parco, con gli operatori turistici interessati e con le associazioni ambientaliste, è stato affrontato il tema del decongestionamento di quota 1000. Tuttavia la soluzione ipotizzata, far stazionare i pullman Gran Turismo a quota 800 e di lì trasportare i visitatori con un servizio di navette sino a quota 1000 e ritorno, appare poco efficace e poco praticabile. Ragion per cui va presa in considerazione l’ipotesi di verificare la fattibilità economica, la sostenibilità ambientale e la capacità di portata di una funicolare che colleghi quota 800 a quota 1000 (com’era in un recente passato) e che consenta di chiudere al traffico veicolare il tratto di strada in questione. Va invece decisamente abbandonata l’ipotesi faraonica di realizzare un sistema di trasporto sul modello del vecchio “Trenino a cremagliera” cha da piazza Pugliano in Ercolano porti a quota 750. Oltremodo costoso e per giunta inutile, in quanto la realizzazione di questo impianto non risolverebbe il problema dell’accesso a quota 1000.
7) Procedere alla manutenzione straordinaria dei sentieri. Garantire la manutenzione ordinaria. Implementare la sentieristica per consentire al visitatore di raggiungere dal Gran Cono tutti i comuni del Parco.
Negli anni scorsi, specialmente nel periodo della Presidenza Frassinet, il Parco ha realizzato una rete sentieristica di tutto rispetto, anche avvalendosi dei LSU e dei finanziamenti che “si accompagnavano” all’impiego di tale categoria di lavoratori. Una volta esauritasi per legge la possibilità di impiegare i LSU e terminati i fondi che incentivavano l’impiego di codesti lavoratori, la rete dei sentieri è stata progressivamente abbandonata e oggi i sentieri sono quasi del tutto impercorribili. Eppure sono stati spesi milioni di euro e impiegate migliaia di ore di lavoro per realizzare tali opere. Tutto questo è grave ed inaccettabile. Di qui l’esigenza di una manutenzione straordinaria e di assicurare la manutenzione ordinaria dei sentieri. Infine la sentieristica può essere ulteriormente implementata per realizzare il grande progetto di collegare il Gran Cono con tutti i sentieri del Parco e , attraverso essi, consentire al visitatore di raggiungere dal Gran Cono tutti e tredici i comuni del Parco e viceversa.
8) Realizzare in ogni comune una “casa del Parco” attraverso il recupero della edilizia rurale abbandonata, con servizi di info - point, vendita di gadget e di prodotti tipici locali, da affidare preferibilmente a cooperative e società di giovani.
La realizzazione di un circuito di “case del Parco” collegate alla sentieristica darebbe impulso in ogni comune alla mobilitazione delle energie civiche ed imprenditoriali disponibili a creare altrettanti Presidi per la difesa della natura e per la promozione delle attività compatibili.
9) Aprire al “traffico pedonale” la riserva Alto Tirone, oggi accessibile solo previo autorizzazione della Forestale che la gestisce.
La riserva Alto Tirone è uno dei luoghi più suggestivi e interessanti dal punto di vista naturalistico del Parco. Un tempo era accessibile, attraverso la strada Matrone, anche con gli autoveicoli privati, oggi neanche a piedi. Dalla strada Matrone si imbocca un sentiero pianeggiante con vista sul golfo, sicuramente il sentiero più panoramico del Parco, che attraversa il territorio dei comuni di Boscotrecase, Trecase, Torre del Greco e si congiunge con la strada provinciale che da Ercolano porta al Gran Cono. Come garantire la salvaguardia di quest’area e nel contempo la sua fruizione (oggi negata)? Attraverso un sistema di accessi controllati e una quotidiana attività di controllo da parte del personale preposto. Non sono da escludere né il numero chiuso giornaliero né il pagamento di un piccolo ticket da parte della utenza come contributo alle spese di manutenzione e sorveglianza.
10) Bandire un concorso internazionale per la riqualificazione paesaggistica della via Panoramica Trecase – Terzigno.
La strada in oggetto è una delle strade panoramiche e delle “porte di ingresso” più belle e suggestive del Parco, scempiata da abusivismo edilizio, incuria e degrado. Proponiamo di bandire un grande concorso architettonico di respiro internazionale con l’obiettivo di realizzare il progetto di riqualificazione risultato vincente anche con la collaborazione e la compartecipazione finanziaria degli operatori turistici le cui attività insistono sulla via Panoramica. A quanto ci risulta la città Metropolitana ha approvato un progetto preliminare per la riqualificazione di un primo tratto della Panoramica compreso nel comune di Trecase. Stiamo cercando di procurarci gli atti.
11) Creare aree verdi attrezzate e manutenerle
Abbiamo detto della importante rete dei sentieri creata durante gli anni della Presidenza Frassinet. Poche sono invece le aree verdi attrezzate a disposizione delle famiglie. Il Parco per essere amato e rispettato deve poter essere vissuto dalla popolazione. Vanno quindi realizzate in modo diffuso sul territorio del Parco aree verdi dove sia possibile alle famiglie, ai ragazzi, sostare, giocare, imparare a conoscere la natura. Tali aree vanno manutenute con regolarità e gestite anche in collaborazione con l’associazionismo locale ovvero affidate a privati ai quali consentire di svolgere piccole attività di ristorazione in cambio della manutenzione delle aree stesse.
12) Elaborare un serio progetto di educazione ambientale per la scuola dell’obbligo, attraverso il confronto e il coinvolgimento con il mondo della scuola, con l’associazionismo e con pedagogisti ed esperti di chiara fama.
La salvaguardia dell’ambiente e lo sviluppo sostenibile del territorio non sono obiettivi praticabili se non sono valori condivisi dalla popolazione. Lo sviluppo di una coscienza ambientale nella popolazione vesuviana va alimentato con azioni diverse e convergenti e richiede un costante impegno educativo e culturale cui destinare le necessarie risorse finanziarie. Sicuramente l’ente Parco può e deve svolgere un ruolo centrale per elaborare e realizzare queste politiche, anche attraverso la costituzione della Consulta per l’educazione ambientale, che può essere il luogo dal quale far partire la riflessione sulle azioni da intraprendere.
13) Istituire un coordinamento stabile tra polizie locali e CTA (nucleo della Forestale alle dipendenze funzionali del Parco) per il controllo del territorio.
Considerato il numero di abitanti ed il livello di urbanizzazione del territorio del Parco e limitrofo al Parco, il CTA è assolutamente sottodimensionato rispetto alle esigenze di controllo del territorio. Per garantire un controllo più efficace contro i reati ambientali è allora indispensabile sensibilizzare maggiormente le polizie locali e creare un coordinamento stabile tra di esse, il Corpo Forestale e le altre forze di polizia.
14) Censimento di tutte le discariche abusive nel Parco
La rete associativa di “cittadini per il Parco” è impegnata a realizzare un censimento delle discariche abusive in area Parco. Chiediamo all’ente di collaborare con noi per convocare un tavolo inter istituzionale per reperire i fondi, stabilire tempi e modi delle bonifiche e mettere a punto strategie efficaci di prevenzione del fenomeno.
15) Farsi parte attiva per il monitoraggio e la messa in sicurezza delle discariche di Pozzelle 3 (ex Cava Sari) e Pozzelle 2 a Terzigno, della Amendola Formisano, di cava Fiengo e cava Montone a Ercolano e della discarica “la Marca” a Somma vesuviana.
Sta crescendo nella popolazione vesuviana la preoccupazione per i pericoli alla salute causati dall’inquinamento da discariche. Occorre fare tutte le verifiche necessarie anche per evitare allarmismi ingiustificati e ricadute negative sulla agricoltura locale e sul turismo.
16) Realizzare un censimento delle Masserie e dei fabbricati rurali di pregio nei comuni del Parco nazionale.
L’architettura rurale vesuviana, o quello che ne resta, è un patrimonio dall’immenso valore storico e antropologico, che va censito, restaurato e rifunzionalizzato nella prospettiva dello sviluppo di un sistema turistico locale capace di offrire residenzialità e servizi in dimore storiche e tradizionali. E’ una opera immane alla quale, purtroppo, sino ad oggi, né i singoli comuni, né la Regione Campania, né l’ente Parco, hanno mai messo mano. E’ questa una vera, grande, opera pubblica di cui c’è assoluto bisogno la cui realizzazione , a nostro avviso, l’ente Parco deve assumere come obiettivo strategico e prioritario.
17) Realizzare un censimento delle varietà di frutta e ortaggi coltivati in area Parco a rischio di estinzione.
Il Parco nazionale del Vesuvio ha una superficie complessiva di 7259 ha. Dal 1990 al 2010 nel Parco nazionale del Vesuvio si è passati da una SAT (superficie agricola totale) di 3000 ettari ad una SAT di 700 ettari. La fonte è uno studio del 2014 del Ministero dell'Ambiente in collaborazione con Unioncamere. Più nel dettaglio: la coltivazione dell’albicocco è praticamente scomparsa nella maggior parte dei comuni e resiste solo in alcuni comuni del Monte Somma. La superficie vitata dichiarata, atta a divenire Lacryma Christi del Vesuvio doc, è passata da 364 ettari nel 2002 a 180 ettari nel 2015. Unica coltura che invece sembra andare in controtendenza è quella del pomodorino del piennolo del Vesuvio le cui superfici iscritte alla dop sono passate da 7,6 ettari nel 2010 a 30 ettari nel 2015.
Di questo passo, oltre che realizzare un censimento delle varietà di ortofrutta a rischio di estinzione, saremo costretti a realizzare un censimento degli agricoltori, anch’essi a rischio di estinzione. In tutti questi anni e in particolare con l’ultima Presidenza, l’ente Parco non ha assunto come proprio obiettivo strategico la salvaguardia della agricoltura tradizionale. Eppure i due terzi della superficie del Parco sono aree agricole. Le soluzioni vanno studiate di concerto con gli agricoltori, con i Consorzi di Tutela, con le organizzazioni di categoria, con le istituzioni regionali, con il Ministero dell’Agricoltura. Ricordandosi che non sarà “il marchio del Parco” a risollevare le sorti della agricoltura vesuviana.