Entro poche settimane
il Ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti nominerà il prossimo Presidente del Parco Nazionale del Vesuvio. Come non è mai accaduto prima, decine di associazioni del territorio
si sono unite su un nome, proponendo come proprio rappresentante l'imprenditore agricolo Giovanni Marino. Abbiamo chiesto un incontro al candidato e ne è nata una lunga e ricca conversazione, che
abbiamo ordinato in cinque argomenti principali. Pubblicheremo un tema ogni due giorni, così da presentare in maniera puntuale la storia, le idee e le prospettive di Giovanni Marino.
Questa è la quarta puntata.
Può indicare almeno tre azioni immediate che potrebbero dare nuovo slancio all'Ente Parco?
1) La manutenzione straordinaria dei sentieri, non manutenuti da anni e per lunghi tratti non più percorribili.
2) La creazione di un circuito di "case del Parco", una in ogni comune del Parco, recuperando edifici rurali abbandonati o in rovina, che fungano da info point e punto ristoro, collegata alla
rete integrata dei sentieri, da affidare a cooperative di giovani.
3) La creazione di aree verdi attrezzate per le famiglie, da manutenere e gestire in collaborazione con le associazioni.
Con l'attuale crisi economica e occupazionale italiana ed europea i governi tendono a risparmiare tagliando, tra l'altro, i budget degli enti Parco. Le difficoltà economiche del Parco del Vesuvio sono tristemente note, secondo lei c'è la possibilità di trovare fondi alternativi? In che modo?
Si, c'è. Il modo più semplice è ripartire più equamente gli introiti derivanti dal pagamento dei biglietti per l'accesso al Gran Cono tra ente Parco e guide vulcanologiche. Attualmente su un biglietto di 10 euro il Parco ne riceve 2,5 e con questi soldi deve anche pagare il servizio di biglietteria, dato in appalto a ditta esterna, mentre i restanti 7,5 euro sono intascati dalla associazione delle guide. Per il rinnovo della convenzione pare vi sia un accordo per riconoscere al Parco il 44% dell'introito, ma è ancora un accordo a tutto vantaggio delle guide, che, tra l'altro, sono palesemente in sovrannumero rispetto alle reali necessità del servizio di accompagnamento al cratere dei visitatori. Ma nulla si fa anche per sviluppare un merchandising del Parco. Non vendiamo una sola maglietta, un gadget, una spilla, niente di niente. E se consideriamo anche soltanto gli attuali circa cinquecentomila visitatori che ogni anno visitano il cratere, ci rendiamo conto delle potenzialità che potrebbe avere creare una linea di prodotti/ricordo del Parco. Poi c'è il capitolo dei fondi europei che non sappiamo spendere o che spendiamo male. Fondi che il più delle volte restano inutilizzati. C'è bisogno di rafforzare le competenze dell'ufficio tecnico del Parco con ingegneri, architetti, agronomi, esperti di marketing territoriale e turismo, esperti di fundraising. L'ufficio tecnico del Parco deve essere un faro per gli uffici tecnici dei comuni. Un pensatoio e un luogo di progettazione. Attualmente l'ufficio tecnico del Parco è sottodimensionato per numero dei funzionari ed è privo di competenze determinanti. Mi chiederà come sia possibile integrarlo considerato il blocco delle assunzioni nel pubblico impiego. Le rispondo così: innanzitutto verificando la possibilità di distaccare da altri enti locali (Provincia, Regione), a partire dagli stessi comuni del Parco, dipendenti pubblici il cui profilo professionale corrisponda a quelli di cui c'è necessità e, in secondo luogo, assumendo con contratti di tipo privato, secondo criteri rigorosamente meritocratici, giovani professionisti. Con quali soldi? Mi sembra di averle risposto...
Lei è un imprenditore agricolo, qual è il ruolo che a suo avviso l'agricoltura ha nel futuro del Parco del Vesuvio?
Per le ragioni che ho già esposto in precedenza, penso sia un ruolo assolutamente determinante. Per la possibilità concreta di creare nuovi posti di lavoro nel settore della produzione primaria e in quello della trasformazione dei prodotti agricoli; per il ruolo di "sentinella ambientale" e di conservazione della natura che l'agricoltura svolge, se non lasciata da sola a confrontarsi con i poteri criminali; e, infine, perché intorno alla agricoltura è possibile creare un vasto indotto turistico legato alla produzione e trasformazione dei prodotti tipici, al turismo rurale e alla enogastronomia. Turismo rurale che rappresenta una perfetta integrazione del turismo naturalistico e di quello legato alla fruizione dei beni culturali.
Il Vesuvio è un topos riconosciuto a livello globale, ci sono margini per aumentare il flusso di turisti e visitatori del vulcano? In proposito, quali strategie ha in mente?
Per fare turismo e aumentare considerevolmente i flussi turistici è necessario recuperare vivibilità (quella quotidiana che interessa anche noi residenti), migliorare la nostra immagine all'estero, pesantemente danneggiata da fatti di cronaca vecchi e recenti, programmazione e organizzazione. Occorre riorganizzare il pubblico, aggregare il privato e mettere insieme il pubblico e il privato. L'ente Parco può giocare un ruolo sia stimolando il confronto tra enti e istituzioni sia sollecitando il privato a farsi avanti. Sono convinto che l'ente Parco debba operare in stretta sinergia con il comune di Napoli e con le Sopraintendenze ai beni archeologici e culturali. L'offerta turistica da costruire deve essere ampia e articolata.
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Le puntate precedenti sono: (1) Tra Parco e Vesuvio, (2) Un agricoltore per il Parco, (3) L’Ente Parco. La puntata successiva è: (5) Turismo e sostenibilità.